Pallottolino delle nevi
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Xelinda e Ubraiv, la coppia di pernici dal bel piumaggio scuro, erano impegnati già a cercare un posto confortevole per la nascita dei loro piccoli. “Eccolo!” esclamò Xelinda
soddisfatta. “Questa buchetta sembra fatta apposta per noi!”
Xelinda aveva trovato, infatti, una fossettina nel terreno morbido del prato primaverile. Un breve sguardo ad Ubraiv e la futura mamma si mise in cerca di materiale reperito nelle vicinanze, affinché i suoi piccoli potessero nascere nel tepore di un batuffolo caldo, fatto di morbide piume e di foglie secche.
Nella ricerca del materiale che le avrebbe consentito di costruire la culla per i suoi piccoli, Xelinda s’imbattè, però,
in un uovo abbandonato. “Ma…” balbettò Xelinda “e questo,
cosa ci fa qui, tutto solo?” Lo tastò con il becco e si accorse
che era pieno e vitale. Lo guardò e lo rigirò ancora. Esso era bianco, liscio e lucido, macchiettato con una punteggiatura che andava dal marrone un po’ rossiccio al lilla, fino al giallo pallido.
Xelinda, ispezionata la zona con i suoi occhietti lucidi e vispi, constatò che, a parte qualche insettuccio, qualche fiore civettuolo che porgeva vanitosamente le sue corolle al sole, ed a parte il vento che intonava continuamente nuove melodie, nei paraggi non c’era proprio nessuno. Quindi, con risolutezza si disse: “Beh, in fondo, un becco in più da sfamare non sarà certo la fine del mondo!” Con fare delicato e prudente, spinse, quindi, l’uovo con la punta del becco, pian piano, dentro la buchetta. Il tempo di aggiustare qualche fogliolina fuori posto e di colmare qualche spazio vuoto qua e là, poi, con tutta la grazia che la natura le aveva concesso, Xelinda entrò nel nido ed ivi si adagiò constatando con piacere quanto il suo lettuccio fosse caldo e confortevole e, prima di accovacciarvisi completamente, sorrise ad Ubraiv con i suoi occhietti di velluto.
Il giovane, futuro papà, stanziatosi nelle vicinanze, sorvegliava come un poliziotto la sua dolce Xelinda: la giovane pernice, infatti, in quell’occasione sarebbe diventata mamma per la prima volta.
Trascorsero circa trenta giorni dalla costruzione del nido e dall’inizio della cova. Il miracolo si stava avverando: Xelinda stava proprio per diventare mamma. Era eccitata ed emozionata fino all’inverosimile! Sotto le sue morbide piume scure qualcosa si stava muovendo: e… già, erano proprio loro! Dalle sei uova deposte uscirono altrettanti piccoli uccellini. Erano tutti vispi e bellissimi, seppur deboli e con i movimenti impacciati. Restava all’appello l’ultimo uovo, quello del trovatello che non si era ancora del tutto schiuso, quando, improvvisamente, un tintinnio ne avvisò la rottura. Eccolo! Anche lui adesso avrebbe potuto vedere la luce!
Che gioia per mamma Xelinda accarezzare quelle testoline rotondette, ancora, in verità, un po’umide e spiumate.
Anche papà Ubraiv era felice e dopo una serie di circonvoluzioni sul nido, cinguettò forte: “Xelinda, adesso che son nati i nostri piccolini, devo proprio andare … mi raggiungerai lassù, lassù molto in alto, sulle cime dei grandi monti, quando i pulcini saranno in grado di volare. Arrivederci, riguardati, mi raccomando!”
Xelinda guardò per un attimo allontanarsi il suo giovane compagno ed, agitando una delle sue ali, lo salutò affettuosamente, quindi, verificando con piacere quanto il suo lettuccio fosse comodo e caldo, vi si adagiò nuovamente aspettando che i suoi pargoli si irrobustissero un altro po’, prima di dirigerli verso la ricerca del cibo.
Per il momento avrebbe pensato lei a nutrirli procurando loro degli insetti ed imboccandoli, poi, amorevolmente.
Trascorsero alcuni giorni.
I pulcini erano già pronti a spiccare il volo. A mamma pernice non restava che condurre il suo piccolo esercito, in direzione del cibo più abbondante.
Che meraviglia! Presto i suoi piccoli avrebbero volato nell’aria limpida e calda di quella valle incantata, pregna di odori, di sapori e di colori estivi.
Con un cinguettio particolare mamma pernice diede il via e… su, su, fino ai rami più alti dei salici, dei rametti di mirtillo rosso, del timo, del brugo, dell’azalea nana, dell’uva sultanina e del mirtillo nero. Che leccornia! Sembrava che tutto quel ben di Dio esistesse solo per loro. Soltanto il trovatello non era attratto da quel tipo di alimentazione. Se ne stava proprio tutto solo, appollaiato su di un ramo di salice, triste e col pancino sempre più vuoto.
Mamma Xelinda che osservava i suoi pulcini per difenderli da eventuali pericoli, aveva notato lo strano comportamento del figlioletto adottivo. “Che fosse malato?” si domandò…
Il suo cuore di mamma avvertiva già una crescente preoccupazione in merito. Erano trascorsi alcuni giorni e, mentre le ali delle piccole pernici si irrobustivano sempre di più e la rotondità del loro ventre era sempre più palese, quell’uccellino, tanto diverso, perdeva peso e si indeboliva sempre di più.
Il tempo, però, passò molto, molto in fretta e l’autunno era già alle porte.
Tutto era già pronto per il viaggio verso le alte vette.
Un istinto primordiale guidava mamma pernice a raggiungere il grande Nord. Radunati i suoi piccoli, Xelinda li informò: “Fanciulli miei, adesso ci attende un viaggio bellissimo! Ormai siete grandi e dobbiamo lasciare la valle, superare il bosco per poi dirigerci oltre, molto più in là della vegetazione arborea, dove il candore della neve farà da sfondo ai vostri giochi”.
Mamma Xelinda guardò soddisfatta i suoi piccoli frugoletti, elettrizzati all’idea di cambiar casa per dirigersi in quel mondo da favola; poi diresse lo sguardo al suo piccolo pargoletto adottivo: sembrava proprio che fosse costantemente attratto dagli insetti che carpiva in volo e che questi fossero per lui dei ghiotti bocconcini. “E’ davvero un esserino piuttosto strano!” osservò mamma pernice, dondolando la testolina dalle soffici piume brune.
Il tempo stava ormai delineando le caratteristiche del piumaggio dell’orfanello e mamma pernice si accorse che la grandezza del suo corpicino era inferiore a quello dei suoi figli biologici ed il rivestimento del suo manto era decisamente più scuro, il colore delle parti superiori era di un bel colore blu metallico, la fronte e la gola erano castane. Blu era anche la parte bassa della gola; il pancino era color crema e la sua codina era biforcuta. Xelinda volle chiamarlo “Pallottolino” per la rotondità delle sue fattezze.
Tutto era pronto per la partenza. “Bene, miei dolcissimi pulcini, adesso volerete dietro a me. Vi indicherò io la strada da percorrere!” ordinò amorevolmente mamma pernice ma, mentre stava per posizionarsi per il lungo volo ascensionale, notò che Pallottolino, calamitato da una potenza istintiva molto forte, guardava con insistenza un nido di fango, a forma di coppa, sotto la grondaia di una vecchia casa abbandonata ed urlando a squarciagola “Vit-vit!”, oppose resistenza alla partenza insieme agli altri fratellini guidati da mamma pernice. Quest’ultima, un po’ contrariata, borbottò: “Beh, allora Pallottolino! Stiamo aspettando solo te. Ti decidi a partire, sì o no!? Fra poco arriverà l’inverno e non c’è tempo da perdere!”
Visto però che Pallottolino proprio non ne voleva sentire di spostarsi verso le montagne, Xelinda pensò bene di prenderlo di peso col becco e di trasportarlo con sé in volo.
Quale esperienza meravigliosa per le giovani pernici scoprirsi adulte e forti, riuscire a fendere l’aria, a volteggiare in essa con disinvoltura, per poi ascendere in alto, in alto, sempre più in alto, sorvolando valli, foreste, fino a raggiungere finalmente le vette delle Alpi, sopra i tremila metri d’altezza.
Lassù l’aria, anche se rarefatta, era tersa e decisamente più fresca della valle della loro infanzia. Lo scenario, però, era straordinariamente più bello, un incanto di riflessi di luce che dall’argento, scivolavano nel rosa per poi confondersi nel lilla. Tutto lì sembrava immenso e senza confini e qualsiasi rumore riecheggiava, moltiplicandosi nel vuoto.
Le giovani pernici, arrivate che furono, giocarono a nuotare nella neve nuova e soffice di stagione, scavando buche e penetrandovi sotto per formarne gallerie. Altre si divertivano a rincorrersi sulle piante arbustive ai confini del deserto nivale.
In breve tempo il loro manto di piume marroni e grigie si tramutò in una livrea dal candore bianchissimo, molto spesso ed isolante, anche se i maschi conservarono una netta linea nera che partendo dal becco raggiungeva l’occhio, superandolo di poco; perfino le loro zampette si ricoprirono di piume bianchissime, a mo’ di comodi stivali per difendersi dal freddo. Soltanto Pallottolino rimase tale e quale, come al momento della partenza dal fondo valle…
Era triste ed intirizzito dal freddo. Tremava. Doveva certo aver la febbre, perché cantava in un modo strano, fioco e discontinuo.
Mamma pernice era disperata.
Sapeva però che lì, in alto, si trovava uno stambecco che la sapeva lunga in fatto di medicina e decise di consultarlo.
Lo stambecco appena vide l’uccellino, quasi incredulo, esclamò: “Beh, ma cosa ci fa qui, in mezzo a tanta neve, un rondinotto?”
“Un rondinottoooo?!” ripeterono stupefatti ed all’unisono Xelinda ed i suoi figli, insieme ad altri animali curiosi abitanti delle alte vette, che si erano radunati attorno al povero sventurato la cui testolina era già tutta penzoloni.
“Ma certo, un rondinotto!” ribadì lo stambecco, alquanto indispettito. “ Oh, cielo! Non sapreste riconoscere una formica da un elefante! Siete proprio un caso disperato!” sentenziò poi sconsolato. “Xelinda” aggiunse ancora lo stambecco “affrettati a riportare a valle il piccolo malcapitato! Bisogna che si riscaldi un po’, perché non è adatto per vivere sulle alte vette. A quest’ora dovrebbe già essere dalla parte opposta alla nostra, nei paesi caldi dell’Africa! Noi moriremmo se andassimo là, perché il nostro corpo è programmato per i grandi freddi, invece lui, ve lo garantisco, morirà certamente se rimarrà qui un altro secondo in più. Può darsi che qualche carovana di rondini abbia ritardato la partenza… se fai in fretta, però, potresti ancora essere in tempo per imbarcarglielo su, ma sbrigati,
ti prego: non c’è tempo da perdere!”.
Xelinda, quindi, con le lacrime agli occhi prese col becco il suo piccolino che amava moltissimo e si preparò a ripartire verso la valle.
“Vengo anch’io con te! Anch’io, anch’io! squittirono insieme tutte le pernici bianche delle alte vette.
Una grande nuvola bianca, quindi, si mosse nel cielo.
Intanto, a valle, apertasi la stagione della caccia, dei bracconieri erano già appostati per colpire la selvaggina volatile. Uno di loro, al passaggio della nuvola bianca, esclamò: ”Che mi venga un colpo! Quelle sono pernici, pernici bianche… scendendo a valle vanno contro la loro stessa natura! Perché lo fanno? E’ un avvenimento straordinario!” così dicendo, impedì ai suoi compagni di sparare.
A valle era proprio come aveva ipotizzato lo stambecco: alcune rondini ritardatarie, infatti, non avevano ancora iniziato la loro migrazione, ma si stavano preparando a farlo.
Mamma Xelinda cinguettò con quanto fiato aveva in gola:
“Per carità! Questo piccolino ha bisogno di aiuto e di molto, molto caldo per sopravvivere… per favore, portatelo con voi, fino a che siamo in tempo o morirà!”.
Una rondine, in particolare, si voltò ed esultante esclamò: “Quello dev’essere il mio rondinotto disperso! Quanto l’ho cercato!”
Mamma Xelinda comprese allora il motivo del ritardo nella partenza di quel gruppo di rondini.
Mamma pernice e mamma rondine, si strinsero forte, forte, intrecciando le loro ali insieme in segno di amicizia e di riconoscenza, poi, Xelinda, accarezzò col becco, per l’ultima volta, ma con tantissimo amore, il suo piccolo pulcino dalla livrea bianca e nera, quindi, con le lacrime agli occhi, senza più voltarsi indietro, s’inglobò nuovamente nella nuvola bianca delle altre pernici e raggiunse, successivamente, le alte quote.
Adesso Pallottolino vive felice insieme a mamma rondine
in Tunisia, ma a differenza delle altre rondini, ogni tanto, guarda verso il Nord, in direzione delle cime più alte…
D’altronde, il nostro piccolo “Pallottolino” anche se africano, a suo modo, era, pur sempre, un figlio delle nevi…
Marina Maria Iosè Riotto
Morale della favola:
1. I genitori adottivi non si dimenticano mai
2. Le disuguaglianze non esistono fra gli animali.
Essi non hanno pregiudizi sulla diversità del loro aspetto fisico, sul fatto, per esempio, che il colore delle loro piume sia bianco, come quello delle colombe o nero come quello dei corvi. Sanno che la loro diversità deriva solo da un preciso progetto divino sulla loro natura. Potrà mai l’uomo capirlo ed assomigliare loro in qualche modo?
Due cose mi hanno sempre sorpreso: l’intelligenza degli animali e la bestialità degli uomini
Tristan Bernard
La favola è stata FINALISTA AL PREMIO EUROPEO MERANO EUROPA
IMMAGINI ANCHE SU:
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